Fin dalla nostra fondazione abbiamo dato grande valore alla covisione, un dispositivo che abbiamo pensato per sostenerci nel lavoro e aiutarci nel dare senso a quanto accade nella relazione clinica.

Yalom, nel suo libro “Il dono della terapia”, parla della solitudine di chi sceglie di fare questo lavoro e di come spesso, la dimensione gruppale, di condivisione e dialogo sia non un modo occuparsi di sè ma anche per mantenere vivo il desiderio di ulteriori rapporti interpersonali.

E’ un paradosso formidabile che gli psicoterapeuti, sempre alla ricerca di intimità con i loro pazienti, debbano affrontare la solitudine come uno dei principali rischi della professione. Eppure troppo spesso sono creature solitarie, che passano tutta la loro giornata lavorativa rinchiusi in sedute con un paziente alla volta e raramente vedono colleghi, a meno che non si sforzino di perseguire qualche attività collegiale nella vita (Irvin Yalom, pag. 245)

Ognuno di noi proviene da percorsi di formazione molto differenti tra di loro, porta con sè un’esperienza clinica matura e varia; il gruppo di covisione ed è un momento fondamentale per far dialogare la propria esperienza con quella degli altri soci. 

Ci dedichiamo, così, ogni due settimane, per la durata di due ore, uno spazio e un tempo per dialogare e condividere dubbi, fatiche, difficoltà, preoccupazioni rispetto al proprio lavoro in qualsiasi ambito esso si dispieghi. 

Riteniamo la covisione lo spazio elettivo all’interno del quale è possibile occuparsi degli aspetti etici del nostro lavoro consolidando una postura relazionale che, pur centrata sulla cura dell’altro, ne rispetta l’autonomia, la libertà e l’autodeterminazione.

Nello spazio di covisione siamo tutti ugualmente responsabili della tenuta del setting di lavoro e del clima del gruppo. 

“Portare un caso” è anche portare se stessi all’interno del gruppo: ognuno parla sempre un pò di sè quando racconta gli aspetti più critici della relazione e per i quali si sente aggiormente in difficoltà. E’, quindi, indispensabile sentirsi in un luogo sufficientemente sicura caratterizzato da un clima di rispetto reciproco e di supporto autentico e sincero.

Ognuno di noi, così, si impegna a garantire un clima di lavoro sereno, dove ci si rivolge al collega evitando svalutazioni e giudizi sul suo operato, si rispetta lo stile unico con cui porta il caso e lavora, gli si mostra nuove e possibili letture sulla situazione clinica. 

Nel corso della covisione ogni partecipante si prende un tempo per comprendere “cosa” il collega sta portando (analisi della domanda), evitando di dare rimandi precoci poco utili alla comprensione del caso: stare in osservazione di se e di quanto l’altro porta permette di sviluppare quella funzione “terzo occhio”, indispensabile per l’ascolto delle implicazione personali che si giocano all’interno della dinamica relazionale.

La partecipazione dei tirocinanti ai gruppi di covisione ha comportato delle modificazioni di setting, per garantire anche ai giovani colleghi, con una maturità clinica e formativa più acerba, uno spazio dove poter ascoltare e osservare i colleghi “più grandi” mentre discutono del caso portato.

Abbiamo scelto una modalità di lavoro stile acquario, con la creazione di due gruppi concentrici: in quello più interno si siedono i senior, in quello più esterno i tirocinanti. 

Un primo tempo della covisione vede il gruppo dei senior impegnati nel confronto sul caso clinico, per come è stato sopra descritto. Il gruppo dei tirocinanti osserva l’altro gruppo al lavoro, annotandosi osservazioni da condividere successivamente in assetto plenario. Per i tirocinanti è questa un’occasione per semplicemente “stare”, osservare e non agire tramite interpretazioni impulsive e arbitrarie.

In un secondo tempo i due gruppi si riuniscono a formare un unico cerchio. E’ il momento in cui i tirocinanti possono dare un proprio rimando rispetto a quanto vissuto o osservato. Ogni giovane collega lo fa a proprio modo, chi cogliendone aspetti di processo, chi osservando le reazioni emotive suscitate nel corso della narrazione, chi rimandando qualche elemento più “specifico”tecnico” sul caso. E’ questo un momento di confronto tra i due gruppi, nel corso del quale i colleghi “senior” possono rispondere in maniera più adeguata alle difficoltà che incontrano i giovani nell’avvio del proprio lavoro.

E’ possibile conoscere le prossime date delle nostre attività consultando il nostro calendario.

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